domenica 11 settembre 2011

Cha soba con insalata di tonno tataki


La soba...discorso lungo...meglio leggiate qua...mi affido al fantastico motore di ricerca!
Posso essere pigra anch'io ogni tanto?
Il signore coreano cui ho domandato come cucinare la cha soba, non solo mi ha invitata ad acquistare quella prodotta in Giappone (l'alternativa era di provenienza australiana) ma mi ha anche guidata silenziosamente verso lo scaffale delle salse -infinite!!- di soia e mi ha messo in mano una bottiglia: una bottiglia di soia, -avete presente?- aromatizzata...buooooonaaaaaaaaa!!!
In proporzione 1 a 3: per ogni cucchiaio di soia ne occorrono, per stemperarla, 3 d'acqua.
Dopodiché?
Una volta cotta la cha-soba basterà immergerla nell'intingolo perché ne assorba il sapore, il profumo...un piatto semplice, veloce e interessante...

Da queste vene sgorga un lamento:
è più un bel respiro che mi porto dentro 
strozzata la rabbia in questo corpo debole che non sà parlare
vetro che filtra le immagini:
non c'è più niente di reale
(...)
Vienimi a trovare nella mia stanza, insegnami a respirare
metti mano al buio e tocca cosa vuol dire SOFFOCARE
(Idiosincrasia) 



 Veniamo al tataki:
il tataki è un metodo di cottura previsto per il manzo e per il tonno, per cui questi vengono scottati affinché si dori l'esterno e si mantenga piuttosto cruda la parte interna.
Per condire il tonno occorre prima preparare la salsa banno
per due persone occorrono
-50 ml di mirin
-150 ml di salsa di soia
-1 pezzo da 5 cm di alga kombu (pulita da eventuali residui di salsedine)
 Portare il mirin ad ebollizione in un pentolino poi abbassare la fiamma e cuocere altri due minuti a fuoco dolce per far evaporare l'alcol, togliere dal fuoco ed unire la salsa di soia e l'alga kombu.
Fate raffredare e riponete in frigo fino al momento dell'uso.




Per il tonno invece vi serviranno:
-due filetti di tonno
-olio di riso (o olio vegetale di altro tipo)
-1 specchio d'aglio
-funghi shitake
-sesamo tostato
-sale e pepe
-foglie di basilico
-wasabi e salsa banno per servire

Versare l'olio in padella, far soffriggere l'aglio tagliato a fettine poi eliminarlo per
scottare rapidamente il tonno da entrambi i lati cosparsi dai semi di sesamo già tostati.
Riguardo agli shitake: prima di cucinarli, ad esempio saltarli in padella col resto -altre verdurine al seguito ad esempio!- bisogna che li facciate riprendere un'oretta in acqua calda poiché di certo li comprerete secchi.
Una volta impiattato il tonno scottato e ricoperto di sesamo, aggiungete gli shitake, le foglie di basilico e servite accompagnando con wasabi e salsa banno.




6 commenti:

  1. In girum imus nocte et consumimur igni. Giriamo in tondo nella notte e finiamo divorati dal fuoc. E' il titolo di un'opera di Guy Debord che ho letto a Parigi la primavera scorsa. Era contenuto nel volume Gallimard delle opere complete, inedito in Italia, che avevo acquistato in una libreria di Rue Mozart, nel quatiere degli 'chacharas'. E' un palindromo latino, spesso attribuito a Virgilo (sebbene non si abbiano prove certe) che allude al movimento fatale ed irresistibile delle falene che muoino carbonizzate al contatto con una fonte di luce. Nel medioevo si vociferava che la formula disponesse di poteri esoterici utili all'evocazione del diavolo.

    RispondiElimina
  2. Guy Debord la utilizzava per descrivere il labirintico naufragare dell'individuo nelle "derive" psicogeografiche nel 'continente' Contrescarpe, nel quartiere latino di Parigi. La prima volta che ne sentì parlare è stato ai tempi dell'Argentina da un cliente abituale che mi aveva preso in simpatia e si sedeva sempre in uno dei miei tavoli per parlare di vini bianchi del Falerno (cari agli antichi romani), bionde donne dai contorni eterei, intellettuali francesi della fine del novecento: il prediletto Godard, il sodomita Foucault (si dice che avesse accettato l'incarico all'università solo per rimorchiare ragazzini. Uno dei più grandi geni del '900 morto di HIV), l'astruso Lacan. E' sparito nel nulla dopo un mesetto di frequentazioni costanti, forse stanco del suo 'isnulso' lavoro di guida turistica (insulso per lui) o forse perché il suo spiccato istrionismo sognava altri circhi che non fossero le piazze barocche di Roma. Tuttavia devo dire che Guy Debord non mi ha tenuto compagania solo a Prigi, in quelle notti deliranti a Contrescarpe, poichè mi dilettavo alla sua lettura quella notte piovosa in cui la puerpera nera (l'ho sognata stanotte) mi riversò sulle gambe urina e liquido amniotico mentre la trasportavo per i piedi al pronto soccorso. Evidentemente quelle pagine hanno davvero un potere taumaturgico. Non posso non menzionare lo scenario allucinato cui assistetti due primavere fa quando percorrendo di notte via Gregorio VII con in tasca 'La società dello spettacolo' di Debord, 'pére du situazionisme internationale', vidi ondeggiare come due figure di El Greco i lampioni della luce che fiancheggiavano i marciapiedi da ambo i lati.

    RispondiElimina
  3. Ma non era un'allicinazione, più semplicemente il terremoto che il giorno seguente, appresi dalla lettura dei giornali, aveva devastato l'Abruzzo. Ti ricorderai di Le Courbusier. Purtroppo (mi dispiace davvero non lo dico tanto per riempire uno spazietto vuoto) non ti ho spiegato perché il grande architetto svizzero fosse così odiato dalla sinistra progressiva e rivoluzionaria, nonché le ragioni per cui Debord e gli altri situzionisti professassero l'abbattimento delle sue celebri unità di abitazioni funzionaliste (auspicavano, i birabaccioni, anche la distruzione delle chiese oppure la loro riconversione in luoghi destinati alla soddisafazione del piacere). Le Courbusier, fascista e conservatore, fiero servo del capitalismo, non solo non piaceva a quell'allegra compagnia del sogno (questa è una citzione letteraria), ma non piace neanche a me e se ti facessi un discorsetto a quattr'occhi o ti portassi in pelligrinaggio in qualche quartierino della Parigi alto borghese degli anni '50, di sicuro non piacerebbe neanche a te.

    RispondiElimina
  4. Ho affittato un bel monolocalino nel quartiere latino, poco più di una botte, ricettacolo degno del concetto altissimo di libertà (si dice che Cioran, quell'uomo dottissimo, abitasse in una chambre de bonne del tutto priva di libri, mah!), adatto in massimo grado più di ogni altro nido per soccombere o per rinascere. Rinascere senza ricordi, nella gioia sacra della purezza. Potevamo fare tutto ciò che volevamo. Lavorare insieme per anni, condividere la stessa carriera professionale e confrontarci sui casi più difficili; scrivere relazioni a quattro anni, come si fa con il pianoforte; iscriverci all'università e stupire tutti con una bella tesi su Freire (possiedo la prima edizione italiana della 'Pedagogia degli oppressi' così come la prima edizione de 'L'età della ragione' di Sartre), o avresti preferito qualcosa di sperimetale? L'educazione pubblica a Bastogi, a Corviale, impegnarci sul campo, conferendo così una consistenza al lavoro che non fosse quella dell'elemosina del solito sussidio; progettare una serie di interviste ai residenti del residence Val Cannuta, come del resto avevo propsoto di fare già tanto tempo fa ad un utente voglioso di lavorare di 'testa'. E perché non andare a Parigi insieme e visitare il Pantheon, l'unica chiesa che Debord non avrebbe convertito in macerie o in contesti spaziali finalizzati all'esplicazione del divertimento? E chi ci vietava di tornare a Roma (perchè sempre si desidera tornare) per tracciare una mappa psicogeografica dei quartieri di edilizia popolare, dagli emicicli del Corviale ai colori multiformi delle facciate 'pop' dei settantasetteschi edifici di Tor di Nona? Perdere tutto, gli affetti, il lavoro, la famiglia. Per me la famiglia era l'Argentina. Quando diedi le dimissioni riempivo il vuoto dei pomeriggi andando a piedi fino al Corviale. Stare là mi rilassava. Era febbraio e c'era un freddo. Vedevo le stelle sopra di me. il Serpentone era una immensa via lattea tempestata di luci. Calvino ha scritto un saggio sul falansterio di Fourier in cui si accenna al Corviale. Il situazionsimo di Debord ha tantissimi addentellati con il socialismo utopico di Fourier, conosciuto anche come l'Ariosto degli utopisti. Ti sto annoiando? Io mi annoerei al posto tuo. Dardadì tu che dici, ci verresti a Parigi con me a fare l'amore e a vedere vecchi film italiani anni '70 come 'Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto' di Elio Petri in angusti cinema d'essai dalle parti di Place d'Etoile? 'Sorprendentemente permango nel regno delle cose sensibili'. Messaggio che ho inviato a mio fratello dall'Esplanade des invalides.

    RispondiElimina
  5. Vorrei portartici, ti piacerebbe...l'estate sui quei prati sereni e solitari leggevo Coe, Shiel, Zola, Greene, Prosut, Tobino. Un romanzo che ti farebbe andare in sollucchero e ti farebbe altresì piangere dalla commozione è 'Per le antiche scale' di Tobino. Un romanzo da leggere insieme: 'Per chi suona la campana', superomanticissimo nell'accezione più vasta del termine. Lettura da adolescenti, questa, per gli anni in cui ci si stupisce ancora delle contraddizioni della vita. Quando sei piccola e stai in silenzio buona buona con il phon che ti hanno affiabiato nelle manine, prenderti sulle gambe e riempirti di baci. Solo quando sei piccola, però! Ti piace star sola ma non ti piace esserlo. Per i momenti di malinconia ascolta il Largo dallo XERXES di Handel. Mettilo sul Blog. Fammi questo piacere. Una volta mia hai accontentato; due anni fa, su mio suggerimento, inseristi 'Sebben che siamo donne', detta anche 'La canzone della Lega', una musica che a Dardadì fa sciogliere pure le ossa. Te ne parlai la sera prima, quando eravamo a cena in una tavola calda araba a Prati. Ti eri comprata poco prima un paio di Jeans blu nuovi che ti stavano tanto bene come non ho mai visto fare ad un altro pantalone. Peccato che non ricordi niente...Daria mi sono stancato e si è fatta sera...O sera...'Forse perché tu della fatal quiete sei l'imago a me sì cara viene, o sera'...O notte...triste e malata..esibisci una flaccida luna non necessaria ad alcuno...Non mi servono tue risposte, ti dovevo queste parole noiose e quasi vere...se vuoi, solo se tu vuoi, perchè tu devi scegliere stavolta, ne parliamo faccia a faccia e solo a certe ferre condizioni. Senza pesantezza, solo con autenticità. Io non cerco nulla, non pretendo nulla da te. Non intendo sporcarmi o appesantirmi. Se ti vuoi parliamo apertamente e invitiamo pure la nostra cara Dardadì! Senza infingimenti, in un posto sereno, al sole settembrino, languido e sincero.

    RispondiElimina
  6. Prossima settimana. Dove e quando vuoi. Dimmi giorno, ora e luogo. Quanto hai scritto, il resto intendo, verrà letto dalle persone cui le tue parole eran destinate. Non qui, questo è uno spazio mio e non voglio nomi. Io son rimasta, ci devo lavorare. Se vuoi chiamala ipocrisia ma non posso lasciare che si strumentalizzi questo spazio.
    Sperimentale.
    Farò anche quella specialistica. Me lo devo per crescere. Purtroppo ho i miei tempi.

    RispondiElimina