giovedì 19 maggio 2011

Disteso: relax


Due parole in libertà, così.
Voglia di mare: voglio andare al mare.
(Che è un po' il leitmotiv della mia vita).
Intanto stasera consiglio di montare in macchina, arrivare  in Via Cassia 472 davanti al Teatro Patologico in cui va in scena "Agave" alle 21,30 al costo di 8,00 euro. 
La regia è di un carissimo amico e mi sento, sebbene non abbia ancora avuto modo di vedere lo spettacolo, di consigliarlo...come esperienza sensoriale -come la definisce lo stesso Marco- v'inserisco un link.

AGAVE

Sembra che le prime forme di scrittura siano state ritrovate su foglie di agave.

Agave: una delle Baccanti, accecata dalla propria devozione, esiliata dallo

stesso Dio che l'ha resa assassina di suo figlio.

Agave: la parola, e la sua etimologia.


Agave: la pianta, e la sua semplice e straordinaria esistenza.


Queste le radici dove attinge e cresce il nostro Agave.


Osserviamo e attraversiamo la vita senza mai entrarci dentro.
Senza mai scendere sotto la superficie. Ogni nostro passaggio leviga ciò che percepiamo fino a
renderlo piatto, liscio, muto. Come quella parte di marmo, o di bronzo, delle
statue, lusingata e resa lucida dall'insensato passaggio di migliaia di mani
curiose. Come la cartolina del viaggiatore, collezionata e archiviata come
"Ricordo di..",

quasi fosse una figurina da incollare nell'album della memoria, ma senza odori,

senza profondità. L'ennesimo viaggio che presto sarà oblio, confuso con altri,
identico nella forma a tanti altri viaggi. Anonimo. Mai davvero vissuto.
Percepiamo la vita attraverso i nostri sensi. Elaborare ciò che viviamo dovrebbe
essere il passo successivo nella strada della comprensione.

Nel percorso della vita, non facciamo altro che cercare chi siamo e capire chi

sono gli altri, e in questa duplice ricerca ci perdiamo nel labirinto della vita
dove ogni angolo può rappresentare l'inizio di una nuova esperienza, dove ogni
corridoio preso o lasciato potrebbe essere determinante per il nostro futuro.
L'uscita, la soluzione al labirinto, è il fine ultimo, ma sta nella ricerca la
ragione stessa del procedere. Un labirinto dove riscoprire , a volte scoprire
per la prima volta, che il nostro corpo sente il mondo attraverso canali
sensoriali spesso trascurati, spesso utilizzati solo in parte, o addirittura
mai. Chi ne è privo ne conosce davvero il valore, chi ne è privo, allora, ci
può insegnare ad utilizzarli, ad apprezzarli, e in definitiva a vivere assumendo
un altro punto di vista. Ma per far questo occorre entrare proprio in quel
labirinto dei sensi e accettare l'idea che il miglior modo di ritrovarsi è
proprio perdersi.

Agave, che è un lavoro frutto di un anno di laboratorio integrato tra persone

con sindrome di Down, non vedenti e sordomuti, è diviso in tre momenti
differenti dove lo spettatore, dopo essere stato bendato, verrà accompagnato da
ragazzi non vedenti e sordomuti all'interno di un labirinto alla
ricerca-scoperta di se stesso, attraversando il disagio, diventando, almeno per
il tempo del viaggio, disabile egli stesso e conoscendo così il valore e il
significato del buio, del silenzio e della totale assenza di riferimenti
spazio-temporali. Solo, con il proprio corpo come unico strumento per procedere,
lo spettatore si troverà a viaggiare e scoprire; metterà alla prova la propria
capacità di sapersi affidare all'altro, al diverso, allo sconosciuto; si lascerà
guidare nella sua ricerca della soluzione.

Se la pianta dell'Agave, alla vigilia della fine del suo percorso, dovesse

cantare una canzone, canterebbe "Non, je ne regrette rien"
Non rimpiange nulla
del suo passato e il suo futuro è la Vita, ancora una volta. Dopo il silenzio e
il buio, piovono parole, singole lettere, elementi di base per un nuovo
alfabeto; ciascuno osserva il mondo dalla propria finestra, dal proprio
personale e privato pezzo di vetro. Magari sperimentando punti di vista
differenti. Magari mettendo in discussione quello che si è sempre creduto,
vedendo e ascoltando in modo nuovo, rigenerato.

Dopo circa trent'anni l'Agave muore, ma lascia un fiore. Una speranza, un altro

modo di comunicare, un altro tassello del rebus.

Il tempo cambia le cose, ma anche la magia lo fa.
Marco Florio

7 commenti:

  1. Avrei potuto intitolare un post 'confidenze notturne'ma barcollando saldamente sul filo del rasoio ho pensato di procedere lungo un continuum...ed eccomi qua...ho imparato con gli anni che le emozioni vanno scritte subito...nell'immediato...adesso, per certi aspetti, è già troppo tardi. Che la mia emotività tocchi picchi estremi è risaputo...ch'io m'emozioni...quando odoro la cannella, osservo una donna anziana camminare col cane altrettanto anziano...ch'io resti estasiata di fronte a Civita di Bagnoregio avvolta dalla nebbia, che pianga di fronte al mare, che respiri a pieni polmoni per sentire l'umidità della terra...così come si sa che io non riesco ad abbandonarmi facilmente. Per i miei trascorsi...per il tortuoso percorso che spesso mi sono vista costretta ad affrontare...per le scelte sbagliate, mie e non solo, che hanno condizionato -e ancora lo fanno- gran parte della mia esistenza...
    Eppure, eppure stasera ho deciso che fosse ora.

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  2. (Punteggiatura a parte...dalla mia ho: l'ora tarda, la testa che scoppia, tremila pensieri che vagano nella testa). Che le bende posson fare grandi cose lo immaginavo...ma che mi sarei emozionata al punto da piangere: no. Col tempo, a forza indagare me stessa, ho scoperto che quando amo piango. Quando mi libero piango. Quando mi abbandono, piango. Stasera la mia esperienza sensoriale non mi ha 'solo' portata ad affidarmi bendata per un luogo sconosciuto, da perfetti estranei, ciechi e sordi. Un cieco, c i e c o, che guida una persona vedente ma provvisoriamente non vedente. Ho toccato dei giochi...un peluche...un cavallino a dondolo su aste di acciaio -in miniatura- e un portadocumenti...forse. Del talco, curry...ho odorato forse timo o maggiorana...capita ch'io li confonda. Ho ballato con una donna, credo...sentivo il seno, sconosciuta, estranea ed io ero bendata, lei cieca. O sorda. Pur non essendoci il 200% di noi, è stata un'esperienza ineguagliabile. 'Ricordati quando sarà'.

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  3. Sentivo le assi di legno scricchiolare sotto i piedi, sentivo la nenia che mi canticchiavo da piccina, la classica ninna nanna dei bimbi: io l'amavo. L'amo ancora. Mi cullava e mi rassicurava nel buio. Ho toccato un pannello: stoffe, plastica, carta vetrata. Ho sentito perle ed orecchini tra le dita, ho aperto e chiuso un portagioie. Ho sentito mani sulle mie mani, sotto le mie mani, tra le mie mani. Non saprò mai di chi erano. Né loro lo sapranno. Il corpo è uno strumento troppo spesso dimenticato, concordo in pieno. Non credo di aver mai lasciato realmente condurre 'il gioco' a qualcuno, da che ho consapevolezza. Quanti lo lasciano credere? Il mio lavoro mi porta ad essere un estraneo di fiducia, questa esperienza doveva avvenire per illuminarmi. L'ho cercata, sono andata per prima. L'ho desiderata ed è capitata in un momento perfetto, quello giusto. Non capita spesso, o forse non abbiamo la lucidità per riconoscerlo o 'semplicemente' rifletterci che qualcosa accada nell'attimo esatto in cui deve avvenire e se ne abbia coscienza. Agave. Muore ma lascia un fiore. Forse avrei dovuto scrivere tutto questo sul taccuino...sul leggio...ma ero impegnata a ricompormi dopo il pianto...credo di aver bagnato la benda..qualcuno avrà odorato anche le mie lacrime.

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  4. Per chi nella vita si è sentito, o è stato -in un modo o in un altro- abbandonato, abbandonarsi diventa impossibile, viene meno la fiducia nel prossimo. La nostra professione (è chiaro che mi rivolgo a te nella fattispecie anche se è un commento visibile a tutti) ci porta ad essere individui di cui l'altro si deve fidare o affidare, con cui aprirsi, raccontarsi, chiedere sostegno. Le inversioni servono, come diresti tu: rompono la monotonia...come uno scarabocchio...
    G R A Z I E ;-)

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  5. conoscere te attraverso l'altro questa è la sfida e più l'altro è lontano da te per modi tempi cultura status e più sei fortunato....c'era un tale che tanti anni indietro (circa 2000) lo raccontava alle persone che incontrava...poi è arrivata la CHIESA. :-)

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  6. ..solo orecchie ben allenate sanno sentire le vibrazioni che corrono attorno e solo un animo fragile può lasciarsi vibrare con loro,insieme a loro in unica costante armonia.
    Grazie a te per esserci stata.Marco

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  7. ...le anime calde si fusero insieme sospese in mezzo alla stanza, mentre il soffitto sembrava cadere stringevo in pugno la vita...(è di Vasco ma la faccio mia: rende esattamente l'idea).

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