martedì 22 febbraio 2011

Semicotto al cioccolato al latte con cuore di nutella


Quando a sentirci Alieni siamo in due: così.
Il concerto è stato meraviglioso.
Sarò banale ma Downtown e Tokyo station (v'è piaciuta?) sono i due pezzi per cui stravedo.
La mostra di Van Gogh: non credo si potesse non andare.
E infatti, prima che chiudesse, da quel di Torrevecchia son montata sul 46, scesa direttamente a Piazza Venezia -leggasi: da un capolinea all'altro- ho aspettato un po' in fila e poi mi sono emozionata un paio d'ore tra opere di Vincent, Millet e Daubigny.
L'associazione del pezzo di Allevi linkato e il ricordo delle corse che ho fatto e di tutto quello in cui mi sono imbattuta per arrivare al Vittoriano...mi pare azzeccatissima! ;-)

Ed ora veniamo al nostro (se lo sapesse Paul Simon!!) dolce, occorrono:
-150 gr di cioccolata al latte
-40 gr di burro
-1 cucchiaio di farina
-80 gr di zucchero 
-3 uova
-nutella q.b.

Preparazione:
Preriscaldare il forno a 200°, imburrare ed infarinare (se preferite rivestite con carta forno) dei pirottini poi disponeteli sulla placca ricoperta di carta forno.
Mescolate uova e zucchero, sbattete finché non ottenete un composto bianco e spumoso, setacciate la farina ed agiungetela continuando a lavorare.
Fate sciogliere cioccolato al latte e burro a bagnomaria poi incorporate quanto ottenuto al composto precedente di uova-zucchero-farina fino ad ottenere un impasto liscio.
Versate nelle formine per metà poi aggiungete il cucchiaino di nutella in ciascun pirottino e ricoprite con altro impasto base. Lasciate cuocere 6/7 minuti. I semicotti al tocco dovranno risultare molto morbidi. Vano serviti immediatamente! 
Per questi come per altri semicotti potete fare riferimento al libro che trovate qui...

Ps: ho deciso di aggiungere una finestra sulle ultime letture ma, non essendo il mio un blog in wordpress, non vorrei fosse impossibile...adesso vedrò di tentare, comunque, nel frattempo, consiglio:  
Come Sheherazade e La pioggia prima che cada.

6 commenti:

  1. ..sai piccola, in questi giorni con tutto quello che sta succedendo...passa anche la voglia di gustare un dolce!! ...le letture sono un bel pò interessanti....e la musica??vogliamo parlare di allevi??? nei pochi momenti di relax, brava cerca di godere del meglio su tutto.........

    dardadi

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  2. Antonio Gramsci.
    L'altro giorno su Repubblica ho letto che pochi giorni fa, durante un noto programma televiso, due comici hanno letto uno stralcio tratto da un suo scritto sul tema dell'indifferenza (civica); è stata una piacevole e inaspettata sorpresa.
    A lui molti in passato erano affezionati e lo ricordavano come si ricorda un padre o un vecchio amico scomparso prematuramente. Era le generazione di tanti uomoni che lavoravano tutto il giorno e la sera si riunivano fino a tardi a parlare nelle sezioni di partito, a stilare volantini, a preparere gazebo, a riprodurre manifestini al ciclostile; c'erano gli altoparlani, le bandiere con le aste che non si trovavano mai, i banchetti, i quadri con la falce e il martello o raffiguranti donne altere e corpulente dagli occhi di fuoco e i capelli corti (perché così si lavorava meglio). E poi c'erano le vecchie compagne che provenivano dalla terra, con i semplici vestiti estivi a fiori sempre uguali, la "cipolla" in testa, gli occhialoni da vista un pò scuri, come andavano di moda un tempo, e le scarpe marroni che sembravano così goffe, così scomode; erano attente durante le riunioni, avevono senso pratico, organizzativo, erano libere, aperte, più disinvolte degli uomini: cucinavo in enormi pignatte alle feste dell'Unità con i fazzoletti in testa, la parannanza bianca.

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  3. E poi i vecchi compagni, con il viso rugoso, il cappotto invernale giallo paglierino, l'Unità sempre sotto il braccio, perché non c'erano i soldi, ma il giornale era un rito sacro (e durante il fascismo circolava in carta di riso perchè nel caso si veniva scoperti poteva essere inghittito); portavano scarpe nere sformate e a pranzo mangiavano il panino con la trippa. Non si capisce dove trovasseo la forza di parlare così tanto e come mai sembrava che litigassero e invece si andava sempre d'accordo, anche nelle osterie, anche nei cinema fumosi quando davano l'ultimo western; e poi c'erano i braccianti, gli operai, i proletari delle case dormitorio: erano quelli che nel film "La classe operaia va in paradiso" avevano 30 anni ma ne dimostravano 50; erano quelli che non sapevano se stare con il sindacato o fare gli "autonomi". I braccianti agricoli erano i paria dei paria, ogni tanto qualcuno se ne ricordava, e allora sembravano i veri proletari e i metalmceccanici al confronto erano i servi dei padroni. Ma i braccianti c'erano: si vedavano sulla rai quando trasmisero i funerali di Berlinguer..erano quelli che piangevano e dicevano alle telecamere che venivano dal sud, dalla terra, che erano adesso disoccupati. Poi c'erano i giovani che non avevano niente eppure avevano tutto; l'inverno vestivano dei maglioni grigi e portavano degli occhiali grandi con la montatura marrone. Giravano in gruppi di due o tre con in mano i libri di Lùckacs, i tascabili Einaudi o le edizioni "Reprints" dei classici della filosofia. Gioivano per la scoperta di Marcuse e della sua civiltà che rifletteva le pulsioni sessuali inconsce, gioivano perchè Baudrillard criticava 40 manni fa una società del consumo che ancora non esisteva, gioivano perché Freire professava la liberazione degli esclusi attraverso la leberazione del linguaggio, gioivano perchè Hauser poteva scrivere che l'arte non è che il prodotto dei rapporti di forza fra calssi sociali, gioivano perché le urla di Majakovskj non feriva i timpani e dunque stupivano di fronte ai quadri di Guttuso, per quei colori forti, stridenti, per quel grigio alternato a quel rosso impudìco fra cui spiccava un garofano rosso nella mano di una ragazza (che segretamente ammiravano e desideravano stringere).

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  4. E poi c'erano gli intellettuali che erano tutti perchè TU ci hai insegnato che non vi è differenza fra pensare e lavorare, perché le mani sono pensiero in azione e l'uomo che lavora fra gli uomini, nel suo senso storico, e si impegna per migliorare se stesso e il mondo è già intelletuale anche se non sa di esserlo.
    C'era Pasolini che scriveva dal cimetero acattolico e di fronte alle tue ceneri piangeva (oggi c'è ancora chi ti porta i fiori); c'erano i partigiani, i ribelli, i politici universitari..c'era l'emarginazione sociale non come adesso che siamo tutti emarginati e rispetto a cosa non si sa..E la sezione di Via dei Volsci, dove si entrava solo se garantiti da un amico che sapeva la parola d'ordine e dentro le pareti erano tutte bianche e spiccava solo un piccolo bronzo del viso di Lenin; e le sezioni di quartiere, aperte quando gli edifici intorno erano ancora impalcature, con i soldi dei residenti sottratti alle spese minute, all'acquisto di un vestito, di attrezzi da cucina (e si mangiava la panzanella, che è così buona); per strada si vedevano i poliomelitici zoppicare, le biblioteche comunali non esistevano e la politica ascoltata alla radio o vista alla televisione di un bar, di fronte ad un bicchiere di vino caldo, era speranza e nient'altro perché la politica era una sola e diventava facile immaginare che potesse trasformarsi in qualcosa di completamente. E il tuo ricordo scaldava perché insegnavi che la politica, quella che conta, è pedagogia e il prete sbaglia perchè insegna il falso, il padrone inganna perché insegna per suo profitto, i politici uccidono perchè dividono gli uomini e li mettono uno contro l'altro. Predicavi che l'intelligenza è la forza dello sfruttato, postulavi che la suna infelicità è la leva del cambiamento sociale (e questo ancora oggi ci infonde enrgie), fosti testimonianza della tua tenacia perché trattenevi il tuo lamento, Tu, malato di tubercolosi ossea, morto di stenti, per i calci nello stomaco, per le umiliazioni mentali, per la tortura dello studio, per il giogo posto all'intelligenza. Educavi all'uso della ragione, allo sforzo, al sacrificio, al culto per il dialogo, alla fede pe il gruppo, all'unità delle virtù. "Occorre impedire a qull'uomo di pensare" dicevano i tuoi detrattori; lo dicevano un tempo, oggi i nemici, i corrotti, non lo dicono più perché non ne hanno bisogno. Qui finisco: "lingua mortale non dice ciò che io sentiva in cor". Ma io ti porto con me.

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  5. Di menti potenzialmente 'pericolose' per questa gentaccia ce n'è fin troppe per fortuna...potremmo proporre che venga insegnato a pensare...che si allenino le giovani menti a pensare...per la serie 'che ne sarà di noi'? Grazie compagno Flaviano per questo viaggio, per questo ricordo delle origini.

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  6. Ciao sono Laura della redazione di Blog di Cucina.
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    Grazie!

    la Redazione

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