giovedì 29 dicembre 2011

Anche detto 'bugiardino'


Foglietto illustrativo.

Sono un tranquillante.
Agisco in casa,
funziono in ufficio,
affronto gli esami,
mi presento all'udienza,
incollo con cura le tazze rotte
devi solo prendermi,
farmi sciogliere sotto la lingua,
devi solo mandarmi giù
con un sorso d'acqua.

So come trattare l'infelicità,
come sopportare una cattiva notizia,
ridurre l'ingiustizia,
rischiarare l'assenza di Dio,
scegliere un bel cappellino da lutto.
Che cosa aspetti
fidati della pietà chimica.

Sei un uomo -una donna- ancora giovane,
dovresti sistemarti in qualche modo.
Chi ha detto
che la vita va vissuta con coraggio?

Consegnami il tuo abisso
lo imbottirò di sonno.
Mi sarai grato/a per la caduta in piedi.

Vendimi la tua anima.
Un altro acquirente non capiterà.

Un altro diavolo non c'è più.


Questa meravigliosa poesia di Wislawa Szymborska mi ha rapita. 
Anche altre devo dire. 
Incredibili gli acquisti che si possono fare con 1 euro, eh? Certi cambiano la vita...
Vi ho lasciati soli...ho tentato di stare lontana dal blog qualche giorno...momenti di profonda introspezione con Sibilla Aleramo in borsa a farmi compagnia, autori vari in cuffia...a lavorare e camminare senza sosta praticamente...
Pensavo che mentre digitavo 'licheni' sullo schermo dello smartphone è apparso 'libido'.
...pensavo che io guardo sempre le luci nelle case degli altri e che la Gamberale ha più che azzeccato un titolo...chissà come sarà il romanzo (Simo?)...pensavo che adoro alzare gli occhi e notare soffitti a travi o a cassettoni per le vie del centro...
...pensavo che domani vorrei riuscire a fare un salto a Sant'Eustachio per prendere un caffè e condividere un paio d'ore con un'amica in giro per il centro -cosa, questa, che mi manca!-...
...pensavo che le feste per il colesterolo, e non solo, sono deleterie...
...pensavo che qualcuno m'ha capita:

Questa qua e` per te che non
ti puoi spegnere non hai mai
avuto tempo devi troppo vivere
e` per te questa qua per la tua
golosità ti strofini contro il mondo tanto il mondo non ti avrà

Perché sei
viva viva cosi come sei
quanta vita hai contagiato
quanta vita brucerai che sei
viva viva per quella che sei
niente rate, niente sconti
solo viva come vuoi....
Perché sei
viva viva cosi come sei
quanta vita mi hai passato
e non la chiedi indietro mai e sei
viva viva per quella che sei
sempre pronta, sempre ingorda
sempre solo come vuoi....

Pensavo, infine, GRAZIE A CHI continua a lasciarmi, 
di tanto in tanto,
rose bianche nella cassetta della posta.

Pensavo che vorrei
fare un salto a Firenze
mangiare una ribollita
girare intorno al Battistero
vagare con naso all'insù
scappare a Siena 
vedere la mostra di Manara
tornare
pensando bhè...
ponte vecchio è sempre ponte vecchio e Benvenuto Cellini sta sempre là...

8 commenti:

  1. Ciao sorella..........
    Perchè sei viva viva cosi come sei!!!
    Sorella come dice il mio capo (che è un medico) non leggere i bugiardini finiresti con il non assumere nessun farmaco ....Già mi vorrei perdere con te a Firenze a Roma a Parigi....Ovunque per tornare più vive di prima!!!
    Buon anno Un bacione Max

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  2. @Max: ...per Roma, come decidi di venire a fare un bel giro insieme, ci perdiamo di sicuro!! ;-)
    Sì...bhè...al contrario è come leggere il DSM IV...pensi di averle tutte!! ;-))

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  3. Bel post...ma proprio bello..non che gli altri siano male,ma questo mi piace proprio..
    ed a proposito di altri..
    le luci nelle case degli altri non è niente male,certo niente a che vedere con la zona cieca,l'ho trovata una bella storia forse perchè si svolge in un quartiere che ho vissuto... e poi se si svolge a roma...si legge..no???
    spinge un pò troppo su alcuni luoghi comuni.. ma il nome della protagonista .."Mandorla" vale il prezzo del libro..come forse ti avevo già detto... sempre qui..ma nel dubbio.. mi ripeto..

    Simone M

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  4. ...ché il mondo è pieno di donne tradite e di uomini abbandonati...
    Sì, Simo immaginavo ti potesse piacere sai...non c'entra nulla ma ricorda per alcuni aspetti anche la Santacroce...ti pare? Finalmente sei tornato! Cos'è...devo chiederti di recensire qualcosa per indurti a scrivere? :-)

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  5. Chiedo scusa al caso se lo chiamo necessità.
    chiedo scusa alla necessità se tuttavia mi sbaglio.
    non si arrabbi la felicità se la prendo per mia.
    mi perdonino i morti se ardono appena nella mia memoria.
    chiedo scusa al tempo per tutto il mondo che mi sfugge a ogni istante.
    chiedo scusa al vecchio amore se do la precedenza al nuovo.
    perdonatemi, guerre lontane, se porto fiori a casa.
    perdonatemi, ferite aperte, se mi pungo un dito.
    chiedo scusa a chi grida dagli abissi per il disco col minuetto.
    chiedo scusa alla gente nelle stazioni se dormo alle cinque del mattino.
    perdonami, speranza braccata, se a volte rido.
    perdonatemi deserti, se non corro con un cucchiaio d’acqua.
    e tu, falcone, da anni lo stesso, nella stessa gabbia,
    immobile, con lo sguardo fisso sempre nello stesso punto,
    assolvimi, anche se tu fossi un uccello impagliato.
    chiedo scusa all’albero abbattuto per le quattro gambe del tavolo.
    chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte.
    verità, non prestarmi troppa attenzione.
    serietà, sii magnanima con me.
    sopporta, mistero dell’esistenza, se tiro via fili dal tuo strascico.
    non accusarmi, anima, se ti possiedo di rado.
    chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque.
    chiedo scusa a tutti se non posso essere ognuno e ognuna.
    so che finché vivo niente mi giustifica,
    perché io stessa mi sono d’ostacolo.
    non avermene, lingua, se prendo in prestito parole patetiche,
    e poi fatico per farle sembrare leggere.

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  6. Quel giorno, l’Imperatore Giallo mostrò il suo palazzo al poeta. Si lasciarono alle spalle, in lunga successione, le pri­me terrazze occidentali che, simili a gradinate di un anfiteatro immenso, declinavano verso un paradiso – o un giar­dino i cui specchi di metallo e le cui intricate siepi di ginepro già prefiguravano il labirinto. Allegramente vi si smarrirono, dapprima come se acconsentissero a un gioco e poi non senza inquietudine, perché i suoi viali diritti soffrivano di una curvatura lievissima ma continua, ed erano segretamente circolari. Verso mezzanotte, l’osservazione dei pianeti e l’opportuno sa­crificio d’una tartaruga permisero loro di liberarsi da quella regione che sembrava stregata, ma non dalla sensazione di essersi smarriti che li accompagnò sino alla fine.

    Percorsero in seguito anticamere e cortili e biblioteche e una sala esagonale con una clessidra, e una mattina scorsero da una torre un uomo di pietra, che poi smarrirono per sempre. At­traversarono, su canoe di sandalo, molti fiumi risplendenti o molte volte un solo fiume. Sfilava il seguito imperiale, e la gente si prostrava, ma un giorno giunsero in un’isola e un uomo non lo fece, perché non aveva mai visto il Figlio del Cielo, e il carnefice dovette decapitarlo.

    I loro occhi videro con indifferenza capigliature nere e nere danze e complicate maschere d’oro. La realtà si confondeva con il sogno, o piuttosto, la realtà era una delle confi­gurazioni del sogno. Sembrava impossibile che la terra fosse altro che giardini, acque, architetture e forme di splendore. Ogni cento passi una torre fendeva il cielo, per gli occhi il loro colore era identico, ma la prima era gialla e l’ultima scarlatta, tanto delicate erano le gradazioni e lunga la successione.

    Fu ai piedi della penultima torre che il poeta (che restava come estraneo agli spettacoli che erano per tutti motivo di meraviglia) recitò la breve composizione che oggi leghiamo indisso­lubilmente al suo nome e che, come ripetono gli storici più raffinati, gli diede insieme l’immortalità e la morte. Il testo è andato perduto. C’è chi ritiene che fosse formato da un verso, altri da una sola parola. Quel che è certo, e incredibile, è che nel poema era contenuto, intero e minuzioso, l’immenso palazzo, con ciascuna delle sue famose porcellane e ciascun disegno di ciascuna porcellana e le penombre e le luci dei crepuscoli e ciascun istante sventurato o felice delle gloriose dinastie di mortali, di dei e di draghi che vi avevano abitato dall’in­terminabile passato. Tutti tacquero, ma l’Imperatore esclamò: “Mi hai rubato il palazzo!” e la spada di ferro del carnefice falciò la vita del poeta.

    Altri riferiscono la storia in un altro modo. Nel mondo non possono esserci due cose uguali. Bastò (dicono) che il poeta pronunciasse il poema perché il palazzo scomparisse, come abolito e fulminato dall’ultima sillaba. Simili leggende non sono, naturalmente, che finzioni letterarie. Il poeta era schiavo dell’Imperatore e morì come tale. La sua composizione cadde nell’oblio perché meritava l’oblio e i suoi discendenti cercano ancora, e non troveranno mai, la parola segreta dell’universo.

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  7. UN BUON ANNO S'ACCETTA???

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