martedì 31 gennaio 2012

Pensieri in semilibertà

Niente foto. Non mi va. Non saprei che foto metterci. O forse sì. Posso fare come Rossana? Scrivere senza punteggiatura, lasciare spazio all'interpretazione? Sconnessamente...ascolto Adele. Immagino. Ballare. Due amanti in strada. Così. In mezzo alla gente, una cuffia per uno e dondolare nel traffico dei passanti. Stupiti.  Non è vero che la gente non si stupisce più di nulla: la gente si sconvolge con poco. Basta guardarla intensamente negli occhi. Lasciarla senza scampo. Ti vedo dentro. Mi vedi dentro? Paura? Lucarelli. Se non Adele, avrei linkato i Metallica probabilmente. Già. Bianco e nero. Come sempre. Una vita sul filo, da brava funambola mi barcameno in una vita che fatico a capire e che stenta a soddisfarmi. O era il contrario? ;-) Stamattina m'han strappato un sorriso tra mille pensieri incazzosi. Oggi pomeriggio ho mangiato 3 cioccolatini, bevuto un cappuccino e divorato 1 fetta di una crostata di ricotta. E starei a dieta. Sfoglio Sale e Pepe e penso che lo stile è ultra migliorato. Addirittura 5 versioni di pasta&fagioli con altrettanti vini (nonché birra!) da abbinare...io adoro pasta e fagioli. Pasta e ceci. Pasta e patate. Riso e lenticchie. La polenta. Non mi piacciono i pizzoccheri: sono amari. Non riesco ad apprezzarli. Qualcuno mi faccia cambiare Idea -c'avrei chiamato una figlia però dopo Scintilla e Lotta- sui pizzoccheri!! Lo prego! Camminare in pantofolone. Mi piacciono le persone che usano l'accappatoio come un vestito, ci girano per casa e ci si ributtano al letto inumidendo le lenzuola. Adoro l'ammorbidente e chi me lo regala perché ho gli asciugamani incartapecoriti che quando ti asciughi pare che fai lo scrub post doccia. ;-) Detesto chi lascia il dentifricio e il bagnoschiuma stappati. Ho comprato 3 kg di arance a 3 euro e penso d'aver fatto un affarone...già sento l'eco 'mò se non te fai la spremuta tutti i giorni queste dopodomani te le dai in faccia!' e mi viene da ridere. Ero carica di buste d'arance. Manco campassi di Bellini o avessi 30 persone a cena cui offrire un aperitivo. Un aperitivo...l'ultimo? Imprevisto, domenica. Con una spremuta. Per forza non le avevo le arance a casa! Ma adesso...potrei farci una guerra. La guerra delle arance. O ci potrei scrivere un libro. Conlacopertinablu. Ché arancione sarebbe scontata! Ho visto la mostra di Mondrian, chiaramente sola. Il Vittoriano scandisce le mie fasi. Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito sera. Quasimodo. M'iilumino d'immenso -con un breve moto di sguardi-. Ungaretti. Sguardi. Questa canzone, per la tenerezza dell'immagine che mi si stampa davanti agli occhi ogni volta che l'ascolto, mi rimanda ad una altrettanto bella che sul web non si trova: povere bistrattate Tilt! Capodanno. Un corridoio. Due occhi. No. 4. Una zuppa di lenticchie rosse decorticate. Che palle sempre col cotechino. E via: un po' di fantasia. Molto interessante la versione in cappuccino del Cavoletto con fetta bruscata di panettone...ce lo vedo benissimo il panettone con l'uvetta, i canditi ad accompagnare una salata e grassa fetta di cotechino. Me lo devono togliere dal tavolo il cotechino. A me. A Natale/Capodanno. Potrei mangiarne più d'uno senza sforzo. Piena di pentimento come i coccodrilli ma solo perché potrei non digerire bene. Bicarbonato e si riparte. Un cinghiale. Una pubblicità. Un pennello. Librerie avorio. Ho sporcato una carinissima camicia da notte fumettosa dipingendo la libreria la settimana scorsa. Al diavolo pure le virgole. C'è chi legge centinaia di mie mail scritte così. Chi ballava con me quel capodanno aveva lo stesso pigiama. Lo stesso pigiama della mia camicia da notte. Stilosa. Rossa e nera. L'ho rivisto indosso al coinquilino calabrese di un amico siciliano! Questione di pigiami! Noooooooooooooooooo. Ho esclamato. Freddo eh? Secondo voi nevicherà?

giovedì 19 gennaio 2012

Millefoglie d'insalata


Insalata: lattuga, songino (valerianella)...insomma un tipo delicato...
Mela: fuji...
Altro: petto di pollo scottato in padella, mais, nocciole tritate e nocciole intere, sale, pepe alla creola da macinare. olio evo, aceto di mele (questi ultimi da emulsionare a parte per poi poter condire il piatto)...devo davvero scrivere come ho preparato un'insalata?
..perché risulti (sia?) un millefoglie...occorre solo montar su un pezzo dopo l'altro...non dimenticate, strato dopo strato, di condire/salare... ;-)
La giornata inizia con questa.
 L'assioma: c'è chi ha gli occhi pieni d'odio e l'abitudine di mordere più di quanto possa masticare...
;-))

(Nb: mi scuso preventivamente rispetto alle immagini del video, dati gli ultimi accadimenti potrebbero urtare la sensibilità di qualcuno ma non c'era nessun intento provocatorio. E' puramente un caso, però, poiché la polemica è sempre alle porte, tengo a pecisare che non difetto in buongusto e che nutro il massimo rispetto.)

venerdì 13 gennaio 2012

E ti vengo a cercare

Sottotitolo: @anonimo.
Anonimo, ti rispondo come meglio mi riesce:
attraverso parole non mie!

"Non si dovrebbe dimenticare che lo scopo dell'empatia è comprendere l'altro per poterlo aiutare, e questo non è possibile se si rimane psicologicamente distanti, ma anche se si perde il controllo del proprio coinvolgimento. 
Essenziale per lo sviluppo della capacità ottimale di provare empatia pare la capacità di essere allo stesso tempo distaccato e coinvolto, osservatore e partecipe, oggettivo e soggettivo nei confronti dell'altro. 
Soprattutto l'operatore sociale-sanitario deve consentire che avvengano oscillazioni e passaggi tra questi due tipi di posizione.
Occorre oscillare tra osservazione ed introspezione, tra ciò che passa fuori e ciò che passa dentro di sé.
QUESTO ENTRARE NELLA VITA DELL'ALTRO E TORNARE IN SE', QUESTO OSCILLARE TRA IL PERDERSI NELL'ALTRO E RITROVARE L'ALTRO DENTRO DI SE', 
E' POSSIBILE SOLO SE SI HA UN SALDO SENSO D'IDENTITA'."

Ecco. Mi sa che ho detto tutto. 
Questo è quello che tento di fare per lavoro.

Ché quando la/le fragilità 
sono/si trasformano
nella risorsa
primaria di un essere umano,
quando ciò che è stato ti ha fortificato
attraverso una serie di processi consci e non,
quando la forza,
la volontà,
il coraggio,
la resilienza
 (ovvero 
la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici,
di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, 
ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, 
senza perdere la propria umanità)
ti hanno 
portato dove sei:
sai che ognuno, potenzialmente, ce la può fare.
Io credo che ciascuno possa ri-uscire
anche se la resilienza non è propria
a tutti
ci sono altre risorse su cui puntare.
E allora ti industri e lotti perché sia così. 
Per tutti.

Persone resilienti sono coloro che 
immerse in circostanze avverse riescono, 
nonostante tutto 
e talvolta 
contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, 
a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.

A me interessi tu Anonimo.
Come mi interessano tutti.
Mi interessa perché sei così
e perché non sei in un altro modo.
Perché hai scelto di essere così
e perché hai scelto di non essere diverso da come sei.
E se fossi stato diverso da come sei, mi saresti interessato altrettanto.
E, seppur col filo d'Arianna stretto in pugno,
verrei a vedere i percorsi che hai intrapreso,
sforzandomi, tentando senza avere la presunzione di riuscire, di capire i meccanismi che ti hanno condotto dove sei.
Una full immersion.
Un amico mi ha insegnato che il filo d'Arianna sott'acqua salva la vita.
Lo insegna l'epica prima ancora.
Ma del resto, ripeto:
QUESTO ENTRARE NELLA VITA DELL'ALTRO E TORNARE IN SE', 
QUESTO OSCILLARE TRA IL PERDERSI NELL'ALTRO E RITROVARE L'ALTRO DENTRO DI SE', 
E' POSSIBILE SOLO SE SI HA UN SALDO SENSO D'IDENTITA'.
Quello che ho rinominato in modo profano 'filo d'Arianna'.
 Penso non ci sia qualcosa di strano, di insensato, in questo.
Penso piuttosto che sia stata innavertitamente invertita
la rotta:
questa pigrizia,
quest'aridità rispetto al confronto, al dialogo, con se stessi e con gli altri
mi spaventano.
Mi terrorrizza un mondo che scappa dalla fatica di vivere.
(Invece della compassion fatigue 
rinominata 'il rischio che soggiace ovvero l'insidia',
ne parliamo un'altra volta,ok?!)

E ti vengo a cercare
anche solo per vederti o parlare
perché ho bisogno della tua presenza
per capire meglio la mia essenza.

Questo sentimento popolare
nasce da meccaniche divine
un rapimento mistico e sensuale
mi imprigiona a te.
Dovrei cambiare l'oggetto dei miei desideri
non accontentarmi di piccole gioie quotidiane
fare come un eremita
che rinuncia a sé.
E ti vengo a cercare
con la scusa di doverti parlare
perché mi piace ciò che pensi e che dici
perché in te vedo le mie radici.

Questo secolo ormai alla fine
saturo di parassiti senza dignità
mi spinge solo ad essere migliore
con più volontà.

Emanciparmi dall'incubo delle passioni
cercare l'Uno al di sopra del Bene e del Male
essere un'immagine divina
di questa realtà.
E ti vengo a cercare
perché sto bene con te

perché ho bisogno della tua presenza.
(Posto questa canzone di Battiato cantata da Ferretti
-è una versione che mi piace di più,
molto semplicemente-
anche per il video...ovviamente!)
;-)

PS: per la lettura da consigliarti prendo tempo...sono combattuta...guai a non avere dubbi! 
E poi consigliare un libro, uno solo???, è una responsabilità!
E mò basta che se mi prendo troppo sul serio poi è un guaio! :-))

martedì 10 gennaio 2012

Cavolo. (Cappuccio. Zuppa di)


...non mi sento libera però,
chiudo gli occhi e più non so,
più non so che fare

Se dar retta all’amore,

o fare finta di svendere, tutti i pezzi del mio cuore, scoppiato

Se dar retta all’amore,

o fare finta di svendere,
tutti i pezzi del mio cuore, scoppiato
saltato,
incendiato,
incustodito,
violentato,
rubato,
arrabbiato,
alienato.

Cominciamo il post.

"Cosa significa crescere in un complesso di quattro casermoni, da cui piovono pezzi di balcone e di amianto, in un cortile dove i bambini giocano accanto a ragazzi che spacciano e vecchie che puzzano?
Che genere di visione del mondo ti fai, in un posto dove è normale non andare in vacanza, non andare al cinema, non sapere niente del mondo, non sfogliare il giornale, non leggere i libri, e va bene così?
Loro due, in questo posto, si erano trovate e scelte.
(...)
Pensò che non era convinta né di quello che diceva sua madre, né di quel sbraitava suo fratello, e men che mai delle cazzate del babbuino.
Era convinta del suo cortile, e basta.
Era convinta delle travi, dei piloni, del cemento armato.
A lei piaceva l'architettura di quei cassoni fatti a loculo.
E non invidiava quelli che stavano in centro o nelle villette a schiera:
li ignorava del tutto.
(...)
Uno spiazzo senza uno sputo di verde.
Ci giocavano a calcio, ci spacciavano, ci prendevano il fresco.
Era sempre un bordello, a qualsiasi ora, tranne nei pomeriggid'estate.
Allora assomigliava al deserto, il più arido che si possa immaginare.
Anna ci era nata, ma si rendeva conto che le cartacce, le cicche e a volte le siringhe per terra, erano un brutto segno. 
Che sotto i piloni ci pisciavano tutti: cani, bambini e tossici.
Che c'era una puzza da turarsi il naso. 
Che un uomo che si inietta una dose di eroina nel braccio
o nel collo,
davanti ai bambini non è un bello spettacolo.
Ma sputare su quelle cose era come sputarsi addosso.
E lei, con certi tossici dei palazzi, a volte si fermeva a parlare.
Anna sapeva che nessun uomo è un mostro.
(...)
Prese a leggere le scritte sulla panchina.
Una stratificazione geologica di amori e litigi fra i quali c'erano anche i suoi.
(...)"

 Noi prigionieri, predatori voi.
Il tuo momento dry.
Carezza spray.


"Alle due gli iniziava il turno, e al solo pensiero gli veniva da piangere.
Non aveva le forze di bestemmiare come suo solito, dopo dieci ore di musica assordante, pastichhe e botte.
Si slacciò i jeans, guardò Anna che gli stava di fronte semi nuda.
Non se n'era reso conto che sua sorella era cresciuta, non era più una bambina e si era fatta anche una gran topa.
Se ne accorgeva solo adesso, in mezzo ai rigurgiti delle anfetamine.
E nel casino che era la sua famiglia, con quel padre di merda, a sua sorella d'ora in poi avrebbe dovuto pensarci lui.
Fu il pensiero di un attimo.
Giusto il tempo di togliersi gli anfibi dai piedi e di scaraventarli dall'altra parte della stanza. 
Crollò sul letto in mutande.
Hai 5 ore di tempo per dormire, farti la barba, farti una canna, e poi: lo spasso del carroponte!
Si lasciò cadere di pancia con il grande corpo abbronzato, temprato dall'acciaio
in un tonfo da cadavere.
Anna tirò giù la tapparella, accese il ventilatore che faceva già caldo da morire.
Rimase anche lei a torso nudo, sospesa, a guardare il suo lettino rosa e la grande schiena di suo fratello sull'altro letto.
La mamma continuava a urlare, là fuori, sbatteva tutte le porte.
Forse non è il caso, si disse, non va più bene. 
Ma poi scacciò con la mano quel pensiero-zanzara.
Sì, rise.
E si catapultò sul letto di Alessio. Gli si andò a cacciare di lato, con la testa incastonata sotto l'ascella, il naso appiccicato alla pelle.
Quello era il corpo di suo fratello: il suo scoglio.
E a volte ci si abbarbicava sopra, proprio come una tellina.
 I due rimasero così, incastrati una contro l'altro, sulletto disfatto da sempre, il materasso sfondato a una piazza.
Si abbracciarono nonostante ilcaldo e la luce che filtrava dalle persiane, e piombarono nel sonno.
(...)
Prima di addormentarsi, accarezzò a lungo i capelli dell'uomo che aveva sposato e che nessun altro, ne ora ne mai -purtroppo- avrebbe potuto sostituire.
In realtà stava pensando seriemente al divorzio.
Aveva la responsabilità dei suoi figli, della casa, delle cose concrete della vita.
Se la sentiva tutta sulle spalle, la responsabilità.
Avrebbe chiesto la separazione senza aspettare troppo.
Senza negare, almeno questa notte, il sentimento che nonostante tutto provava per quell'uomo.
Si lasciò affondare nel cuscino.
Avrebbe chiesto la separazione. Così non poteva più andare avanti.
Chiuse le palpebre.
Fuori gli schiamazzi ferivano il silenzio della notte.
Un clacson, un auto che passa a velocità folle.
Sarebbe bello poter azzerare tutto.
Avere ancora nove o dieci vite davanti.
Le venne in mente suo padre: un uomo medagliato dal Presidente della Repubblica, un eroe della Resistenza, uno che aveva lavorato per tutta una vita, che ci aveva perso una gamba nella fabbrica dove suo marito era stato licenziato. 
Ritornò con la mente a quella famosa notte di Ferragosto, più di vent'anni prima, nella pineta di Follonica: era lì che aveva incontrato Arturo la prima volta.
E lo aveva capito subito da come si attegiava, da come si accendeva la sigaretta e parlava di imprese fantasmagoriche, che quello era un uomo inconcludente.
Sandra pensò che ci sono cose che non decidi tu.
Che decide il Capitalismo Mondiale, la Storia delle Nazioni, la Repubblica Italiana al posto tuo.
E poi ci sono cose che decidi tu.
Che dipendono soltanto da te.
E' quello che fai, è quello che hai scelto di essere.
Uno, se è nato dove sono nata io, può fare il ladro o l'operaio, lavorare al banco delle gastronomia della Coop o prostituirsi.
Uno può scegliere di pensare con la proria testa, può votare x o y.
Può leggere "La Repubblica" o gurdare un reality show. 
Infine, ci sono le cose che non decide nessuno.
Come adesso che sto qui sotto le lenzuola, con quest'uomo che mi ha sempre fatta dannare, 
ed io lo abbraccio e mi sento a casa, mi sento nella terra, e domani, lo giuro, telefono all'avvocato.
Giuro che lo faccio.Le cose che sono e le cose che vorrei essere."


In tutto questo vorrei poter dire che è farina del mio sacco invece è dell'Avallone.
Il link è in rosso.
Il titolo del libro anche.

Se vi sono piaciuti perfino i Macrobiotics, potete leggere qualcosina qui.

Ed ora veniamo alla zuppa.
1 cavolo cappuccio: bollitelo in acqua per un po' mantenendone la croccantezza.
Tagliatelo poi a listarelle ed unite 2 cipolle: 1 bianca ed 1 dorata.
Fate cuocere gli ortaggi nel brodo di pollo.
Frullate nel blender fino ad ottenere una vellutata...
mettete a bruscare il pane e cospargetelo con la colatura di alici.
Impiattate...affondate i crostini nella vellutata...aggiungete dell'olio evo a crudo e pepe nero fresco di macinino...se volete...
...buonanotte... :-)
(Ps: un ringraziamento a Dardadì cui ho chiesto di dettare le parti del brano della Avallone che ho riportato, altrimenti avrei impiegato il triplo del tempo!
Pps: grazie Simo per la mail. Di 'Acciaio', che mi dici?)



venerdì 6 gennaio 2012

Minicakes cioccolato, banane e nocciole


...tutte le divinità che hanno fissato la loro dimora vicino ai luoghi abitati dagli esseri umani sembra che abbiano sembianze pensate per incutere terrore.
Sguardo folgorante, zanne, corpi colorati di rosso, armi in mano.
Non c'è dubbio che siano così in parte per proteggere se stessi. 
Io, però, più che per questo, penso che il loro aspetto serva per mettere alla prova i nostri cuori.
Perché solo chi è in grado di vedere al di là delle apparenze può venire toccato dalla potenza delle loro anime delicate.
In principio i bambini provano una paura sincera di fronte a quelle sembianze, poi,con altrettanta spontaneità, col tempo imparano ad accettare le divinità per quello che sono. 
Anche Hajime portava in sé qualcosa del genere, qualcosa di magico e di sacro.
Chissà come mai sono riuscita ad entrare nel suo mondo con tanta naturalezza, nonostante non fossi più una bambina.
Quando conosciamo persone nuove, tutto sommato non credo che prestiamo molta attenzione al volto.
Credo piuttosto che le guardiamo nell'animo.
L'atmosfera che emanano, la voce, l'odore...percepiamo una combinazione di tutte queste cose.
Hajime aveva un animo tutto d'un pezzo.
Di solito c'è sempre un che di ambiguo nell'impressione lasciata dalla gente, Hajime, invece, comunicava una grande risolutezza, con un sottile barlume di malinconia. 
Era stata la sua forza a colpirmi. 
Mentirei se dicessi che non sono rimasta turbata la prima volta che l'ho vista.

 Scusate: è che Banana è sempre Banana...per me. :-)
Tra l'altro, dopo aver cominciato un post con una citazione, l'incipit proprio, di un libro della Yoshimoto (Il coperchio del mare) sorrido rendendomi conto del nesso -non voluto ché non c'è stato di niente di razionalmente pensato!- con la ricetta di quest'oggi (me lo ricordo eccome che ho un blog di cucina!!) che prevede l'uso delle banane!!
L'inconscio gioca brutti scherzi!!! ;-)

L'occorrente:
- 3 banane schiacciate
-180 gr di zucchero bianco
-180 gr di farina '00'
-1 bustina di lievito
-2 uova sbattute
-3 cucchiai di olio evo
-1/4 di tazza di latte
-1 etto di gocce di cioccolata
-100 gr di nocciole tritate

Preparazione:

Mescolate banane e zucchero in una terrina poi aggiungete farina setacciata col lievito, uova, olio e latte.
Amalgamate il composto prima di versarvi gocce di cioccolata e nocciole tritate continuando a lavorare con un mestolo di legno.
Infine versare il tutto nello stampo da cake ed infornare in forno già caldo a 180°, lasciando cuocere una cinquantina di minuti.
Da servire tiepido meglio se accompagnato con panna!

Ti renderò più facile decidere
cio' che e' inevitabile

DESTINATI A PERDERSI
IN SPAZI TROPPO PICCOLI
IN PEZZI CHE NON PUOI
RIAPPICCICARE
 

Hello hello, amore mio  
Ti sto aspettando ma mi avvio
Il pavimento sotto di me... cigola

Mi renderò partecipe
e farò ciò che è indispensabile
 

E RITROVARSI STUPIDI
SPENTI E POCO UTILI
TRASCINANDOSI...
LE GAMBE TREMANO
DESTINATI A SCIVOLARE
IN UN VUOTO CHE FA MALE
IN PEZZI CHE NON PUOI RIAPPICCICARE